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Ianieri edizioni

Abbiamo il piacere di parlare oggi di un’altra bella realtà editoriale abruzzese, la Ianieri edizioni, attraverso le parole della responsabile editoriale, Federica D’Amato.

Ciao Federica. Sei la direttrice editoriale di Ianieri edizioni, una casa editrice abruzzese. In cosa consiste il tuo lavoro?

Formalmente sono un redattore editoriale, ma in realtà così artigianali e genuine come la nostra ha poco senso rinchiudersi in queste etichette (o forse – ci penso mentre vi rispondo – è esattamente il contrario? Forse è proprio nella realtà genuina che i ruoli si riscoprono e ridefiniscono per quello che sono… A voi la sentenza!). Diciamo che quel bravo editore e imprenditore con il quale collaboro, Mario Ianieri, mi ha chiesto di aiutarlo nella maieutica arte di far nascere libri.

Come si diventa responsabile editoriale?

In giro noto tanti corsi che pare abilitino in qualche modo a “diventare” redattore o editor, e così via. Come in tutti i corsi che tentano di insegnare l’insegnabile, mi sembra che il cane tenti di mordersi una coda che gli han tagliato nella notte dei tempi. Questo per dire che, come in (quasi) tutte le cose della vita, è l’esperienza la più vera maestra. Fino a quando non ti troverai in quel recinto di fuoco che si chiama “nuova pubblicazione”, non capirai mai l’ansia mista a piacere che precede l’uscita di un libro, oltre alla frenesia del lavoro e le nottate insonni passate a duellare con la perfezione di un manoscritto che perfetto non sarà mai. Quindi esperienza (intensa!), ma soprattutto studio studio studio e attenzione a questo studio, cura dei dettagli. Senza parlare del fatto che bisognerebbe leggere ciò che ci piace – dopo aver maturato un gusto – ma con le dovute pause di proficua riflessione. Ma quanto affermato può valere, ripeto, per una piccola realtà come la nostra, poi ai “piani alti” non so in che modo funzionino le cose… Anche se una mia idea (cattivella) me la son fatta! Voglio precisare, riguardo ai corsi che gravitano intorno al libro, che mi lascia interdetta la possibilità di insegnare quel che si può imparare solo attraverso una vocazione e l’applicazione di una dura disciplina, ma non la professionalità delle figure coinvolte. Anzi, sicuramente un buon corso per redattori e affini permette la conoscenza di chi nel campo opera, egregiamente, da anni.

Com’ è nata la Ianieri edizioni e a chi o cosa si deve il suo nome?

La Ianieri nasce dieci anni fa dalla buona volontà di Mario Ianieri, in precedenza tipografo di lunga esperienza e appassionato di libri. Per lungo tempo si è occupata di pubblicare volumi inerenti principalmente “fatti” regionali, insomma di abruzzesistica, ma in seguito si è aperta anche all’arte e agli studi su Gabriele d’Annunzio. In questi campi ha rappresentato un piccolo caso di eccellenza, soprattutto con la collana di studi dannunziani che ci ha fatto conoscere a livello internazionale. Negli ultimi tre anni ha deciso di fare il grande e terribile salto nei settori della narrativa e della poesia… Per ora pare con risultati incoraggianti, ma staremo a vedere! Siamo fiduciosi (e kamikaze).

Cosa cerchi nei romanzi che ti arrivano in visione?

Uhm, questa domanda è molto difficile, perché credo che ogni lettore cerchi tra le righe i propri autori di riferimento. Ma come faccio a pretendere che un esordiente alluda inconsapevolmente alla maestria di una Agota Kristof o di un Dostoevskij? Impossibile. Ciò non accade neanche quando ti ritrovi davanti a un testo di uno scrittore più navigato e smaliziato. Il fatto è che in questo lavoro è impossibile sapere a monte quel che ti piace, fino a quando non lo incontri e ti dici “ecco, questo sì, proviamo”. Una storia è davvero un campo d’incontro in cui può succedere di tutto. Ma il lettore-editor non opera in un mondo irrelato dalle preoccupazioni economiche del proprio editore, e soprattutto quando sceglie di seguire un testo il più delle volte ha a che fare con un autore amante dei propri punti deboli e inconsapevole di quelli di forza. Spesso bisogna fare i conti con quel che venderebbe di più rispetto a quel che va consegnato alla gloria. Anche se spesso una storia “facile”  che vende ti permette, in seguito, di pubblicare la storia (difficile) di cui ti innamori, e che vende poco, ma tiene alto nel tuo podio ideale l’onore di una Kristof  e di un Dostoevskij.

Un consiglio per un giovane esordiente?

Se intendi di un esordiente che scrive, non ha mai pubblicato e intende farlo… Be’, gli consiglio di rimettere il suo manoscritto nel cassetto, alzarsi dalla sedia, sperimentare una grande fatica in qualsiasi campo della vita, e poi riprendere in mano quella storia, cercando di essere onesto con se stesso e chiedendosi se è davvero il caso, o meno, di intasare la posta di un editore. Se intendi un esordiente che ha all’attivo il suo primo libro, magari pubblicato da un big dell’editoria, be’, anche in questo caso gli consiglio di frenare e di non farsi prendere dall’eccitazione dei complimenti, dalle stroncature, etc. Il problema oggi sono i facili entusiasmi, soprattutto fomentati dai circuiti autoreferenziali che s’innescano in realtà social come facebook & co. Ma la scrittura, perdio, come fa a nascere in un ambiente social? Soprattutto, mi chiedo spesso, quegli scrittori che stanno sempre connessi, quand’è che scrivono? Sarò old style ma la penso così. Io consiglio sempre la fatica, che non è una cosa brutta, soprattutto se condotta con la partecipazione gioiosa del corpo: fa nascere fiori e capire il valore delle cose che accadono, permette di raccontarle senza sbavature, dopo un giusto silenzio. L’amato San Bernardo nel XII secolo scriveva che “qui chi più ama più deve correre”.

Secondo te si può fare qualcosa in Abruzzo, una regione che non brilla in quanto a numero di lettori, per incentivare la cultura del libro e della scrittura?

Questa è un’altra domanda molto molto difficile. Risponderò in modo giocoso – ma non troppo. Credo che la soluzione sia quella di dare agli abruzzesi una metropolitana che colleghi tutta la regione. Ecco la mia proposta!