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La settimana bianca

Questa volta abbiamo scelto un noir, un piccolo gioiello dello scrittore e sceneggiatore francese Emmanuel Carrère: si intitola ‘La settimana bianca’, il suo primo romanzo, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1995, dunque molti anni prima dei suoi romanzi più famosi ‘Limonov’ e ‘L’Avversario’, storie queste ultime non di fantasia ma agganciate a fatti e personaggi reali.

“In seguito Nicolas cercò a lungo, ancora oggi cerca, di ricordarsi le ultime parole che gli aveva rivolto suo padre. L’aveva salutato sulla porta dello chalet, gli aveva nuovamente raccomandato di fare attenzione, ma Nicolas era così imbarazzato dalla sua presenza, così ansioso di vederlo andare via che non era stato a sentire. Non gli perdonava di essere lì, di attirare sguardi che immaginava ironici, e si era sottratto al suo bacio chinando la testa. Nell’intimità familiare non l’avrebbe passata liscia, ma sapeva che così, davanti a tutti, il padre non avrebbe osato rimproverarlo.”

Nicolas è un bambino timido, chiuso, eccessivamente protetto dalla famiglia tanto che viene accompagnato dal padre allo chalet dove trascorrerà la settimana con i suoi compagni, che invece sono arrivati lì tutti insieme con il pullman. Durante i primi giorni farà fatica ad ambientarsi, sempre un po’ in disparte, insicuro, e sempre più tormentato da un’immaginazione morbosa, alimentata da un libro che legge di nascosto anche a casa, ‘Storie spaventose’, che  fa materializzare durante la notte incubi e ossessioni, storie di morte, sangue e rapimenti. È attratto da uno dei ragazzi, Hodkann, un tipo duro e temuto, con un forte ascendente su tutti gli altri compagni, ma con lui spesso gentile e protettivo. La polizia ha trovato un bambino morto nella stessa zona dello chalet e Nicolas inventa una storia su suo padre per fare colpo sull’amico: come lui gli aveva invidiato un padre morto sicuramente in circostanze terribili, come fosse il motivo del suo carisma, adesso Hodkann doveva invidiargli un padre avventuroso, un giustiziere senza paura esposto a mille pericoli.

La scrittura essenziale dell’autore ci immerge nei peggiori incubi di Nicolas, finché ci accorgiamo che quegli stessi incubi assumono man mano una forma reale, spaventosa, in un crescendo di ansia che si fa paura e poi orrore.

Attraverso la figura timida e indifesa di un bambino, Carrère riesce a scavare nella psiche umana, nelle inquietudini e ossessioni di un mondo incline alla violenza e al male, temi ricorrenti nella sua narrativa. Fu grazie a questo noir breve e perfetto, che deve molto al racconto ‘La steppa’ di Checov (storia di Jegoruska, un bambino di 9 anni che deve lasciare la sua famiglia per andare a studiare in una città più grande), che l’autore riuscì ad incontrare in carcere Jean-Claude Romand sulla cui vicenda terribile Carrère poi scrisse il romanzo ‘L’avversario’: nel 1993 Romand aveva ucciso la moglie, i figli e i genitori perché non scoprissero che non aveva un lavoro ed era pieno di debiti. Romand aveva accettato di conoscere Carrère proprio per la storia del piccolo Nicolas: disse che gli aveva ricordato la sua infanzia.